Visualizzazione post con etichetta Padre Puglisi e la scuola: cultura e legalità. Mostra tutti i post
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lunedì 31 ottobre 2022

Don Pino che aiutava i giovani a scoprire il proprio talento




di Rosalia Gigliano 

lalucedimaria.it

Era “il parrino che dava fastidio”: così la criminalità lo definiva e, allo stesso tempo, aveva già deciso di condannarlo a morte. Lui, don Giuseppe Puglisi: quello che salvava i bambini dalle grinfie della mafia, quello che contrastava chi voleva ridurre il quartiere Brancaccio, nella sua Palermo, a un covo di criminalità, quello che ha donato la sua vita sapendo che nulla di tutto ciò che aveva fatto era stato vano.

Don Pino è, per la chiesa, un martire. Ma è anche un uomo che ha dato voce a chi voce non l’aveva. E questo è stato, fra l’altro, uno degli insegnamenti più grandi che ha lasciato a tutti i suoi ragazzi e giovani. La sua voce continua a scorrere, non solo a Palermo, ma in tutti coloro che, ogni giorno lo invocano e chiedono la sua protezione.

mercoledì 14 luglio 2021

All'Isola d'Elba l'omaggio dei giovani per don Puglisi



La professoressa Roberta Di Maria è una insegnante palermitana che dal 2015 si è trasferita all'Isola d'Elba e insegna presso la Scuola secondaria di I grado "Giosuè Carducci" di Porto Azzurro. Circa due anni fa è stato avviato con gli alunni un percorso di approfondimento sui temi della legalità, che ha portato alla preparazione e alla stesura del testo di un libro a cura delle classi terze. Tra le varie vicende e vittime della mafia, in particolare, viene ricordato nei primi racconti don Pino Puglisi, ucciso il 15 settembre del 1993 a Brancaccio. Il libro è stato presentato nell'istituto il 29 giugno 2021. Ecco un articolo che riassume il senso della splendida iniziativa che spicca per un grande valore educativo per le nuove generazioni. 

lunedì 10 giugno 2019

DON PUGLISI FA STUDIARE ANCORA I RAGAZZINI GRAZIE A UN LIBRO




Don Pino Puglisi aveva una grande passione per l'insegnamento e una delle sue più grandi battaglie a Brancaccio fu quella per ottenere la scuola media visto che il quartiere, ai suoi tempi, era l'unico della città a esserne sprovvisto. "L'ignoranza – diceva ai ragazzini del centro Padre Nostro – conviene a chi vuole che l'illegalità continui". E al liceo classico Vittorio Emanuele II don Pino insegnò dal 1978 al 1993, quando fu ucciso.
Per ricordare non solo la sua fede e il suo coraggio ma anche il suo carisma di educatore e insegnante, il giornalista Francesco Deliziosi ha deciso di devolvere i diritti d'autore del suo libro "Se ognuno fa qualcosa si può fare molto" all'Associazione Parco del Sole: si tratta infatti di un gruppo di volontari che nel quartiere Albergheria, nel cuore del centro storico di Palermo, si rivolgono soprattutto ai ragazzi con una serie di iniziative educative e didattiche.

venerdì 16 giugno 2017

PORCARO E CARINI A GIUSEPPE GRAVIANO: NON INSULTARE PADRE PINO MA CONVERTITI

Giuseppe Graviano durante un processo


Le trascrizioni delle intercettazioni in carcere del boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, hanno riempito pagine di giornali. In particolare, alcuni passaggi riguardano l'omicidio di padre Pino Puglisi per cui Graviano (insieme col fratello Filippo) è stato condannato all'ergastolo come mandante. Il boss cerca di "mascariare" (imbrattare) la memoria del sacerdote-martire. Lo dipinge come "un litigioso" che diceva "parolacce" (sic), "che insultava le persone di Brancaccio" e da queste era mal sopportato. Non dice nulla, ovviamente, delle sue responsabilità per il delitto, sempre negate durante i tribunali. Agli insulti di Graviano rispondono con un comunicato congiunto Gregorio Porcaro - all'epoca viceparroco a Brancaccio e oggi referente siciliano di Libera - e Giuseppe Carini, uno dei giovani di Puglisi che oggi è testimone di giustizia: da Graviano arriva solo un cumulo di "bugie". I due lo invitano a convertirsi: accanto a sé troverà lo spirito di padre Puglisi ad accoglierlo. 


mercoledì 30 novembre 2016

PADRE PUGLISI E I GIOVANI: INIZIATIVE AL LICEO ARTISTICO V. RAGUSA DI PALERMO

Un momento dell'incontro con Giusy Pomara e Francesco Deliziosi al liceo artistico

Iniziative per fare memoria di padre Pino Puglisi al liceo artistico di piazza Turba a Palermo. Gli studenti hanno incontrato due amici del sacerdote-martire e testimoni del suo metodo educativo. Poi il liceo ha ospitato una mostra di 12 pannelli con foto e citazioni. Ecco un articolo di una docente dell'istituto che è stata tra le principali organizzatrici dell'iniziativa. 

giovedì 25 febbraio 2016

SCANTINATI DI VIA HAZON: PER I LIQUAMI SFUMA IL SOGNO DI DON PINO

I locali-simbolo delle battaglie di padre Pino Puglisi in via Azolino Hazon erano stati recuperati dal Comune di Palermo dopo una lotta durata 22 anni. Ma ora un guasto alla fognatura e la fuoriuscita di liquami ha portato alla nuova chiusura: da cinque mesi niente asilo per i bambini di Brancaccio. Sembra una tela di Penelope. Sfuma ancora una volta il sogno di don Pino? Il Comune da parte sua annuncia: poche settimane e partiranno i nuovi lavori.
L'asilo realizzato in via Hazon nel giorno dell'inaugurazione. Ora è chiuso per liquami

domenica 31 gennaio 2016

LOREFICE: DON PUGLISI E DON BOSCO INNAMORATI DI GESU'

Don Corrado dà il "calcio d'inizio" per l'inaugurazione del nuovo campetto del Don Bosco (foto di Tanino Lio). 


Il nuovo arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, ha partecipato alla festa per ricordare Don Bosco nell'istituto che porta il nome del Santo in via Libertà a Palermo. E' stata l'occasione per accostare, davanti agli studenti, le figure di padre Pino Puglisi e del fondatore dei salesiani. Entrambi pastori del gregge di Dio e "innamorati di Gesù". I giovani del Don Bosco avevano già approfondito il tema in un incontro col giornalista Francesco Deliziosi e sull'argomento trovate in questo blog un articolo del preside, prof. Nicola Filippone (per leggerlo cliccate qui ). 

lunedì 18 gennaio 2016

PADRE PUGLISI E DON BOSCO, DUE EDUCATORI A CONFRONTO



lI Beato padre Pino Puglisi e San Giovanni Bosco: due esempi di educatori che hanno saputo parlare al cuore dei giovani. Il 28 novembre 2015 si è tenuto un incontro con i ragazzi dell'Istituto don Bosco a Palermo per fare memoria del martire ucciso dalla mafia: il parallelo tra i due sacerdoti è emerso sia negli interventi del preside, professor Nicola Filippone, ideatore dell'iniziativa, che in quelli del giornalista Francesco Deliziosi, ex alunno e collaboratore a Brancaccio del Beato nonché autore della biografia "Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso" (Rizzoli). In particolare Deliziosi ha analizzato il metodo pedagogico di Puglisi, applicato tra i banchi del liceo Vittorio Emanuele II (dove ha insegnato dal 1978 al 1993) e poi anche come parroco impegnato nel riscatto dei giovani emarginati delle periferie palermitane. Filippone ha messo in evidenza le affinità tra quanto faceva Don Giovanni Bosco per il recupero dei ragazzini e le esperienze di sostegno ai giovani disagiati intraprese da padre Puglisi soprattutto a Godrano e a Brancaccio. A conclusione dell'incontro Deliziosi ha letto una preghiera scritta da padre Puglisi sotto forma di invocazione a Don Bosco perché protegga i docenti e tutti i giovani che gli erano stati sempre così cari. 
Il preside del Don Bosco ha adesso messo a fuoco il parallelo tra i due sacerdoti in un saggio scritto per il blog che state leggendo. Ecco il testo, ricchissimo di spunti di riflessione, per studenti e insegnanti, sul grandissimo carisma che accomuna i due educatori. Ma non solo, in comune c'erano anche due scelte controcorrente: essere poveri e allegri.


martedì 5 maggio 2015

STUDENTI ROMANI IN VISITA NEI LUOGHI DI PUGLISI. "IL SUO AMORE CI FA AFFRONTARE SENZA PAURA LA VITA"

Un gruppo dei ragazzi in viaggio d'istruzione con la prof. Volpe davanti alla tomba di padre Puglisi in cattedrale a Palermo

La trasformazione delle coscienze e la maturazione della spiritualità: sono questi i due "fili rossi" che legano l'attività di padre Pino Puglisi nelle sue varie esperienze fino alla sera dell'omicidio. E, a ben guardare la storia dal 1993 ai giorni d'oggi, sembrerebbe di vedere un prolungamento di questi fili rossi. In tanti si sono accostati a questa figura e ne sono rimasti come "contagiati". 
Un esempio concreto arriva da Monica Volpe: è una giovane professoressa che lavora in provincia di Roma (Palombara Sabina). Ha conosciuto padre Puglisi attraverso il romanzo di Alessandro D'Avenia "Ciò che inferno non e' " e attraverso la biografia di Francesco Deliziosi "Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso" (che ha ispirato D'Avenia, come lui stesso scrive alla fine del romanzo). 
Dai libri è nato un progetto educativo che ha coinvolto diverse classi e docenti nella sua scuola e ha prodotto anche l'idea di un viaggio d'istruzione in Sicilia, in particolare sui luoghi del sacerdote-martire. La professoressa Volpe ha ora inviato a questo blog un resoconto di questo particolarissimo viaggio con una serie di toccanti pensieri dei ragazzi. La ringraziamo e con grande piacere pubblichiamo il suo articolo.

di Monica Volpe

venerdì 23 gennaio 2015

SUPERATI I 13 MILA CONTATTI/ECCO LA NOSTRA PAGINA FACEBOOK


  • Questa è l'immagine di copertina della pagina Facebook "Beato Giuseppe Puglisi" collegata al nostro blog, diventato in pochi mesi la principale fonte di informazioni on line sul sacerdote-martire ucciso dalla mafia nel 1993. Proprio ieri abbiamo superato i 13 mila contatti. Una iniziativa nata per fare memoria del suo sacrificio e per far conoscere la forza della sua fede e le sue lezioni di legalità. 
  • Chi è su Facebook può ricevere le notifiche sui post che verranno man mano aggiunti sul blog e rimanere così aggiornato sui nuovi articoli pubblicati.  Basta cliccare "Mi Piace" sulla pagina Facebook che trovate cliccando qui
  • Se potete, condividete con gli amici di FB per fare conoscere la pagina! Grazie a tutti e buona lettura!

giovedì 11 dicembre 2014

"IL CORAGGIO DELLA VERITA' NELLA COMUNICAZIONE": UNA TESI DI LAUREA SU PADRE PINO PUGLISI

La copertina della tesi di laurea dedicata a Padre Pino Puglisi

Federica Raccuglia si è laureata nei giorni scorsi col massimo dei voti e la lode in ”Scienze dell'editoria, dell'informazione e della comunicazione” presso l'Università di Roma Tor Vergata - Facoltà di Lettere e Filosofia (laurea magistrale) con una tesi su "Il coraggio della verità nella comunicazione - la storia di Padre Pino Puglisi". Per il blog beatopadrepuglisi.it ha scritto questo articolo che sintetizza la sua ricerca sul particolare modo di comunicare e di rapportarsi con gli altri da parte di Puglisi nelle varie epoche della sua vita.

di Federica Raccuglia



Per poter essere noi stessi, realizzare la nostra personalità dobbiamo comunicare. Il linguaggio è necessario per comunicare, però quando si dialoga bisogna essere convinti di essere di fronte ad un altro che è diverso”, amava affermare don Pino Puglisi.

martedì 2 dicembre 2014

LA CHIESA DI PADRE PUGLISI: POVERA E PER I POVERI


La scelta di povertà di padre Pino Puglisi è un tema tornato d'attualità - all'interno del clero e non solo - dopo che Papa Francesco, appena eletto, ha detto di volere "una Chiesa povera e per i poveri". 3P non aveva conto in banca, viveva in una casa popolare in affitto, piena solo di libri e che non aveva mai pensato a riscattare. Aveva una Fiat Uno scalcagnata, comprata al mercato dell'usato.

lunedì 10 novembre 2014

CIO' CHE INFERNO NON E': PADRE PUGLISI RITRATTO DA D'AVENIA/ UN LIBRO STRAORDINARIO CON QUALCHE MA...


Lo scrittore Alessandro D'Avenia. Palermitano, vive e insegna a Milano

di Francesco Deliziosi

E' molto contagioso, anche se è morto da tanti anni. No, non parliamo di un virus terribile ma di padre Pino Puglisi, parroco ucciso dalla mafia e martire dei nostri tempi. Una "vittima" illustre dell'epidemia si chiama Alessandro D'Avenia, scrittore di best seller da un milione di copie e tradotti all'estero, palermitano trapiantato a Milano (dove insegna). Colpito, con ogni probabilità, da ragazzo nei corridoi del liceo classico Vittorio Emanuele II dove il mite sacerdote, senza darlo a vedere, contagiava centinaia e centinaia di studenti. Con la forza dell'amore e del suo sorriso. 

lunedì 22 settembre 2014

FATHER PINO PUGLISI, THE PRIEST KILLED BY THE MAFIA/FOR ENGLISH SPEAKING FRIENDS



Don Giuseppe Puglisi was born in the district of Brancaccio in Palermo on September 15, 1937, the son of a shoemaker, Carmelo, and a seamstress, Giuseppa Fana. He was killed by the mafia in the same area on September 15, 1993, his 56th birthday.

lunedì 15 settembre 2014

RENZI: RICORDIAMO IL CORAGGIO DI PADRE PINO PUGLISI

RENZI: RICORDIAMO IL CORAGGIO DI PADRE PUGLISI,
LA MAFIA E' ANCORA FORTE SOPRATTUTTO AL NORD 

Matteo Renzi oggi è stato in visita nella scuola di Brancaccio intitolata al parroco-martire e per la quale don Pino condusse una delle sue battaglie, sottolineando che "l'ignoranza conviene a chi vuole che l'illegalità continui". Anche il giorno dell'omicidio, il 15 settembre del 1993, il sacerdote era stato di mattina al Comune per sollecitare la creazione dell'istituto scolastico (all'epoca il quartiere ne era totalmente sprovvisto).
Il premier Renzi ha incontrato i ragazzi della scuola, consegnando le borse di studio, e ha detto:
:"Ricordiamo l'esempio di Padre Puglisi, la forza delle sue parole e del suo coraggio, quel suo ‘se ognuno fa qualcosa’, quella testimonianza giunta dalle istituzioni e dalla chiesa, con papa Giovanni Paolo II ad Agrigento, quella partita che sembrava persa e fu rimessa in campo. Grazie alla passione di uomini e donne che restituirono all’Italia la speranza. Lo Stato deve difendere le persone più brave che ha, ma se siamo qui oggi è perché quel seme ha dato il suo frutto. Brancaccio è la capitale d'Italia...La mafia è ancora forte non solo a Palermo anzi soprattutto al Nord per le sue connessioni economiche. Ma noi siamo qui per farle abbassare la testa. Combatteremo la mafia ogni giorno, cominciando proprio dalle scuole". Nella foto padre Puglisi gioca con i suoi ragazzi

domenica 31 agosto 2014

UN BLOG PER RICORDARE E FAR CONOSCERE PADRE PUGLISI


Il Vangelo, la mafia, le periferie. Raccogliere memorie e testimonianze,  riflettere sul cammino della Chiesa e della società civile



Ma chi era davvero padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993? Un uomo dalla fede incrollabile e un maestro di spiritualità, un educatore dei giovani e un punto di riferimento per le famiglie. Ma anche un prete di frontiera che, per non tradire la fedeltà al Vangelo, seppe portare avanti le sue scelte in un territorio dominato dalla mafia. Fino all’estremo sacrificio. Il 25 maggio del 2013 la Chiesa lo ha riconosciuto come martire e proclamato beato.
Il giorno in cui l'ammazzarono, padre Puglisi se lo aspettava. Come nel romanzo di Garcia Marquez, la sua fu una morte annunciata. Accolse i suoi carnefici con un ineffabile sorriso, sotto casa. E disse proprio così: "Me lo aspettavo". E infatti aveva già subito minacce di morte, lettere anonime, danneggiamenti, aggressioni. Avevano bruciato le porte di casa a tre volontari dell'associazione intercondominiale che l'aiutava in parrocchia. Lui aveva commentato: "Non ho paura di morire se quello che dico è la verità". Entrambi gli assassini, Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza, sono oggi collaboratori della giustizia. Hanno raccontato quell'ultimo sorriso e oggi dicono che, stravolti da quel ricordo, si sono convertiti.

sabato 30 agosto 2014

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI/3

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI

Materiali utili in particolare per le ricerche scolastiche


(terza parte)



IL METODO
I tremila volumi sparsi nell'abitazione di don Puglisi (oggi parte della sua biblioteca è stata trasferita al Seminario di Palermo), al Centro vocazioni o dati ...in "prestito permanente" agli amici attestano una solida cultura teologica (amava particolarmente le opere di Karl Rahner, uno dei padri del Concilio), filosofica (in special modo sul Personalismo del filosofo francese Emmanuel Mounier) e pedagogica.

Freud e Fromm ma anche Sartre e Maritain: Padre Pino metteva al servizio della sua sensibilità le più acute riflessioni dell'esistenzialismo e i più moderni metodi della psicanalisi, della logoterapia e della terapia di gruppo (tra i suoi autori preferiti anche l'americano Karl Rogers).

Strumenti che utilizzava tacitamente, senza vanterie, per affinare le notevoli qualità innate grazie alle quali entrava facilmente e profondamente in contatto con l'Altro (quella che Rogers nei suoi scritti chiama empatia).

Oltre ai suoi volumi testimonianze preziose sono le decine di cassette con le registrazioni di suoi discorsi o omelie, che al Centro diocesano vocazioni stanno ora costituendo un archivio organico.
Da questo materiale sono tratte le citazioni utilizzate per queste pagine.
Lungo tutta la sua vita don Puglisi ha saputo tessere rapporti personali fortissimi, a prescindere dall'estrazione sociale, dal titolo di studio dell'interlocutore.
La prima fase era l'ascolto.
Senza parlare mai di religione o di Dio, nel delicato momento dell'approccio non dava consigli immediati, ricette magiche.
Sapeva che per usare le parole giuste, soprattutto con gli ultimi, con i deboli, bisogna prima dividere a lungo il pane e il vino con loro.

In un mondo che corre, dove ognuno è in fondo perso dentro ai fatti suoi, le grandi orecchie di don Pino erano un approdo sicuro.

Il percorso dell'ascolto era lungo, tortuoso, poteva anche durare anni, poteva anche non sboccare da nessuna parte. Padre Puglisi sapeva ascoltare, rispettava i tempi di tutti, invitava a scandagliare il proprio animo, per misurare le energie prima di scegliere un traguardo.

Sul suo stile ha scritto parole illuminanti padre Agostino Ziino - un palermitano entrato a far parte della comunità monastica in Toscana di don Divo Barsotti - in un discorso di commemorazione nel primo anniversario della morte:
"Non era un grande oratore ma un prete la cui parola, proposta in quel modo tutto suo - con pacatezza, lentezza di espressione, che non era né impaccio né imbarazzo - rivelava la volontà di comunicare idee non tirate fuori frettolosamente e superficialmente, bensì meditate e ben mirate; non era neppure un uomo dalle manifestazioni e dalle espressioni vistose, eppure, essenziale com'era nel vivere l'amicizia come dono di sè agli altri, te lo ritrovavi vicino nei momenti in cui era bello o utile condividere con lui una gioia o un dolore.

Lì dove lo incontravi, seppur immerso in attività pastorali di gruppo o in dialoghi personali o nella preparazione di incontri di catechesi o di preghiera, ti accoglieva sempre come tu fossi stato per lui un dono di Dio.
E mai ti liquidava frettolosamente, proprio come se fosse lui a ricevere qualcosa da te, da te che andavi a lui soltanto per un breve saluto.
Il tempo nelle sue mani si dilatava; ma sarebbe meglio dire non nelle sue mani ma nel suo cuore, perché solo l'Amore riesce a dilatare gli spazi interiori del cuore perché si sappia sempre accogliere gli altri come sapeva fare lui.
Ovunque fosse e in ogni momento della giornata - oserei dire proprio notte e giorno - ti offriva quel suo sorriso accogliente e rassicurante, che era già in sé messaggio evangelico di una beatitudine vissuta.

Il segreto di questo suo stile di donarsi agli altri non poteva che essere una Carità scelta e assunta come atteggiamento costante, a cui mantenersi fedele, e che rendeva tutto in lui profondo e semplice, propriamente evangelico
".
Quando scoccava una scintilla nell'animo del giovane che don Pino stava seguendo, alla fase dell'ascolto subentrava quella della vita comunitaria, dell'apertura del dialogo con gli Altri.
Esempi preziosi di questo lavoro, che riprendeva molte delle tecniche psicologiche della terapia di gruppo, sono i campi vocazionali che padre Puglisi organizzò lungo tutti gli anni Ottanta, prima di diventare parroco a Brancaccio.
In un'atmosfera di piena libertà, senza l'obbligo di indossare "maschere" per mostrarsi agli altri, i giovani che partecipavano ai campi erano condotti a scoprire i valori dell'amicizia, della solidarietà, della fraternità, del servizio, in una parola del "vivere insieme" nel senso cristiano.
A chi, dopo aver compiuto questo cammino, chiedeva di avanzare ancora di un passo, padre Pino offriva di slanciarsi nella scelta di Dio: ognuno di noi - diceva spesso don Puglisi - sente dentro di sè un'inclinazione particolare, un carisma.
Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile.
Questa "chiamata" è il segno dello Spirito Santo in noi.
Solo ascoltare questa voce può dare senso alla nostra vita
.

LA PASTORALE VOCAZIONALE
"Sì, ma verso dove?", era uno degli slogan preferiti da padre Pino:
verso dove vogliamo che vada la nostra vita?
In sintonia con la teologia post-conciliare, don Puglisi applicò, nel suo rapporto con i giovani, il concetto di "vocazione" nel senso più esteso: dalla vocazione esclusivamente sacerdotale si passò alla riflessione esistenziale sulla "chiamata" che ogni uomo sente dentro di sè e che deve saper interpretare per venire incontro allo Spirito.
Un invito alla meditazione che è servito da guida alle migliaia di adolescenti che padre Pino è riuscito ad avvicinare a Cristo.
"Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione - ha detto padre Pino - il nostro progetto d'amore. Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati. Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l'invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito e poter dire: sì, ho fatto del mio meglio.
Venti, sessanta, cento anni...la vita. A che serve se sbagliamo direzione?
Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo
".

(3-continua)

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI/2

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI

Materiali utili in particolare per le ricerche scolastiche
(seconda parte)



3P E LA CHIESA
Don Puglisi ha vissuto profondamente incastonato nella "sua" Chiesa, ne ha condiviso gioie e tensioni, ne ha saputo precorrere gli slanci come un pioniere, un pesce pilota.
E ha sempre rifiutato la logica della "carriera" negli incarichi diocesani. Quando qualcuno lo chiamava "monsignore", rispondeva "monsignore lo dici a tuo padre".

Figlio di un calzolaio e di una sarta, ordinato nel luglio '60 è arrivato a Brancaccio nell'ottobre del '90, con alla spalle quindi trent'anni di sacerdozio e una serie di esperienze diversissime ma tutte all'insegna del dialogo.

Negli anni Sessanta e Settanta, durante le contestazioni, Padre Pino parlava con i giovani che si professavano comunisti seduto al tavolo di una taverna quando in Italia erano feroci le contrapposizioni tra destra e sinistra.

Impartiva catechesi ma anche educazione sessuale a ragazzi e ragazze insieme quando persino l'Azione cattolica proibiva certi "contatti".

Fu parroco in diverse periferie della città ma sempre spinse la sua Chiesa in strada. E cominciò a interrogarsi sul senso della vita dell'uomo quando il Concilio Vaticano II e le sue riflessioni esistenziali erano di là da venire.

E ancora: precorse la rivoluzione dell'ecumenismo, dialogando con i protestanti a Godrano, un paese del Palermitano in cui fu parroco negli anni Settanta.

Per tutta la vita la sua attenzione, con serenità e pazienza, fu dedicata all'evangelizzazione, ai poveri, agli umili, alle persone senza voce e forse senza neanche speranza.

Si fece occhio per il cieco, piede per lo zoppo, si è fatto "tutto per tutti", per citare una delle riflessioni della Lettera ai Corinzi che gli era cara.

La gioia e l'allegria di don Pino erano contagiose come il suo senso della comunità cattolica.

Fu responsabile per Palermo e poi per l'intera regione dei Centri Vocazionali e nei campi-scuola organizzati nell'ambito delle attività di queste strutture i sacerdoti diocesani e i religiosi riuscivano a stare fianco a fianco. Gesuiti, francescani, passionisti...tutti - al di là delle esperienze precedenti e della diversa formazione - si ritrovavano nelle sue iniziative in una piena familiarità che purtroppo ancora oggi è difficile creare all'interno della Chiesa, spesso così tanto divisa nei rapporti tra i vari Ordini e le parrocchie.

Padre Puglisi amava la sua Chiesa, come una madre.
E infatti spiegava, con una battuta:
"Noi possiamo, dobbiamo criticare la Chiesa quando sentiamo che non risponde alle nostre aspettative, perché è giusto cercare di migliorarla. Ma va sempre criticata come una madre, non come una suocera!".
 (2-continua)

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI/1

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI

Materiali utili in particolare per le ricerche scolastiche
(prima parte)




"Coraggioso testimone del Vangelo" lo definì Giovanni Paolo II durante la visita in Sicilia, a Catania e a Siracusa, del novembre 1994. E per la diocesi di Palermo padre Pino Puglisi è oggi certamente uno dei punti di riferimento per chi voglia ricostruire un percorso di vita esemplare come carisma profetico e feconde capacità educative.

In questa parte del Blog troverete articoli utili in particolare per gli studenti che vogliono approfondire il suo metodo, o per chi voglia analizzare il suo approccio pedagogico. Ma anche la sua attività di "prete di frontiera" alle prese con la criminalità organizzata, come può accadere in tante regioni italiane (e non solo del Sud). E tutto questo senza dimenticare che il motore della sua azione era la fede cristiana.


Perché Karol Wojtyla definiva padre Puglisi un testimone? La parola non fu scelta a caso. I testimoni, in greco antico sono i "màrtyres" e l'offerta della vita, il martirio, sanciscono nella storia terrena di padre Pino l'incarnazione fino in fondo dei valori cristiani in una realtà come quella di Brancaccio, simbolo delle tante periferie siciliane dove la voce della Chiesa è spesso l'unica a confortare e promuovere il riscatto degli ultimi, con il coraggio della denuncia. Per questo il giorno della morte di padre Puglisi (15 settembre) in quanto momento non di sconfitta ma dell'incontro con il Cristo-vita è diventato a Palermo il giorno dell'apertura dell'anno diocesano, attimo simbolico del "kayròs", il tempo della liberazione e della salvezza. 

Padre Pino si sentiva nell'intimo della propria fibra spirituale di sacerdote persona "consacrata", sacramentalmente configurata a Cristo pastore della Chiesa.
E dall'amore di Dio promanava l'ansia di verità e di giustizia sociale che lo ha reso insopportabile agli occhi dei boss mafiosi a Palermo, così come - lo leggiamo nel  Libro della Sapienza - l'azione del giusto è un peso insostenibile per lo sguardo del peccatore. "3P", come amava farsi chiamare, ha saputo costruirsi questa valenza profetica attraverso pilastri senza tempo: questi sono la Fede viva e coltivata nella meditazione della Parola e nell'aggiornamento teologico, la preghiera personale e liturgica, la quotidiana celebrazione dell'Eucarestia, la frequenza del sacramento della Penitenza.

Tutto ciò nella dimensione di una vita poverissima: "La benzina è il mio pane", ci diceva. Il pane poteva mancare alla sua umile mensa, ma non il carburante per l'utilitaria, in modo da essere sempre pronto ad accorrere dove una telefonata o un presentimento rendeva necessaria la sua parola.

In questi articoli cercherò di rievocare chi era padre Pino, analizzando in particolar modo il suo metodo pedagogico, che ho potuto sperimentare in prima persona.
Al liceo Vittorio Emanuele II "3P" è stato l'insegnante di religione mio e della compagna di classe che ora è mia moglie. Ci ha accompagnato nel nostro cammino di fede e ha benedetto il nostro matrimonio. Quando è diventato parroco di Brancaccio, nell'ottobre del '90, l'abbiamo raggiunto e ci siamo impegnati con lui nel quartiere. Dalle vicende biografiche passerò al metodo e infine tenterò di delineare cosa stava facendo padre Puglisi a Brancaccio e il movente dell'omicidio.
Francesco Deliziosi
fdeliziosi@gds.it

(1-continua)

lunedì 18 agosto 2014

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI/4

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI/4

Materiali utili in particolare per le ricerche scolastiche


(quarta e ultima parte)


UN NUOVO MODELLO DI PRETE E DI PARROCCHIA
Detto tutto questo, possiamo adesso calarci nello specifico delle vicende che hanno portato all'omicidio Puglisi (per questa parte un contributo arriva anche dalle riflessioni di padre Cosimo Scordato pubblicate sulla rivista della Facoltà Teologica di Sicilia). E delineare alcune indicazioni che rappresentano un patrimonio prezioso per una "chiesa di frontiera" come quella siciliana (anche questa è una definizione del Papa).

C'è innanzitutto da analizzare il motivo dello scontro tra la mafia e don Puglisi.
Don Pino propone a Brancaccio un modello di prete che i boss non riconoscono, mentre si sono sempre mostrati pronti ad accettare e "rispettare" un sacerdote che sta in sacrestia, tutto casa e chiesa, promotore di processioni - magari al fianco dello "Zio Totò" di turno -, che "campa e fa campari".

Padre Puglisi sceglie invece di uscire dalla sacrestia e di vivere fino in fondo i problemi, i rischi, le speranze della sua gente. Desidera in quanto parroco, la liberazione e la promozione del suo popolo.
Don Puglisi propone inoltre un nuovo modello di parrocchia.
Tra le sue iniziative, ad esempio, c'era la richiesta di servizi e di una scuola media per Brancaccio.
Fu un continuo pungolo per le istituzioni. Da qui una serie di manifestazioni, di contatti con lo Stato, di proteste civili.
Tutto questo avviene alla luce del sole, lontano dall'altare, con gesti che per la loro visibilità non passano inosservati: sono scelte ben precise e compiute con la consapevolezza del loro effetto dirompente sugli equilibri mafiosi.
"Non dobbiamo tacere", diceva don Pino ai parrocchiani più timorosi nei giorni delle minacce, degli attentati che preludevano all'agguato.
E aggiungeva, citando San Paolo, "si Deus nobiscum, quis contra nos?" (se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?).
Sono scelte che lasciano intravedere l'immagine di una Chiesa che ha deciso di essere "debole con i deboli", di stare dalla parte degli ultimi, che crede nelle istituzioni, senza supplenze o logiche clientelari.
Senza supplenze perché la Chiesa non deve occupare spazi o compiti amministrativi che non le competono.
Senza logiche clientelari, ovvero senza prestarsi alle pressioni, alle richieste di raccomandazioni e di servitù al politico di turno (quando a Brancaccio arrivavano questi ultimi, don Pino li metteva alla porta insieme con i loro facsimili elettorali).
È questa di Padre Puglisi una chiesa, insomma, che si cala nella realtà del territorio e dei suoi bisogni: questo è il banco di prova di una testimonianza che vuole essere veramente evangelica.


E se la Chiesa, tutta la Chiesa, saprà fare propria questa lezione allora per davvero la figura del piccolo prete di Brancaccio, caduto sotto i colpi della violenza omicida, non porterà più su di sè i segni cruenti della sconfitta, ma le stimmate di una dignità feconda, carica della forza della risurrezione.
 Francesco Deliziosi(RIPRODUZIONE RISERVATA)