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sabato 30 agosto 2014

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI/1

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI

Materiali utili in particolare per le ricerche scolastiche
(prima parte)




"Coraggioso testimone del Vangelo" lo definì Giovanni Paolo II durante la visita in Sicilia, a Catania e a Siracusa, del novembre 1994. E per la diocesi di Palermo padre Pino Puglisi è oggi certamente uno dei punti di riferimento per chi voglia ricostruire un percorso di vita esemplare come carisma profetico e feconde capacità educative.

In questa parte del Blog troverete articoli utili in particolare per gli studenti che vogliono approfondire il suo metodo, o per chi voglia analizzare il suo approccio pedagogico. Ma anche la sua attività di "prete di frontiera" alle prese con la criminalità organizzata, come può accadere in tante regioni italiane (e non solo del Sud). E tutto questo senza dimenticare che il motore della sua azione era la fede cristiana.


Perché Karol Wojtyla definiva padre Puglisi un testimone? La parola non fu scelta a caso. I testimoni, in greco antico sono i "màrtyres" e l'offerta della vita, il martirio, sanciscono nella storia terrena di padre Pino l'incarnazione fino in fondo dei valori cristiani in una realtà come quella di Brancaccio, simbolo delle tante periferie siciliane dove la voce della Chiesa è spesso l'unica a confortare e promuovere il riscatto degli ultimi, con il coraggio della denuncia. Per questo il giorno della morte di padre Puglisi (15 settembre) in quanto momento non di sconfitta ma dell'incontro con il Cristo-vita è diventato a Palermo il giorno dell'apertura dell'anno diocesano, attimo simbolico del "kayròs", il tempo della liberazione e della salvezza. 

Padre Pino si sentiva nell'intimo della propria fibra spirituale di sacerdote persona "consacrata", sacramentalmente configurata a Cristo pastore della Chiesa.
E dall'amore di Dio promanava l'ansia di verità e di giustizia sociale che lo ha reso insopportabile agli occhi dei boss mafiosi a Palermo, così come - lo leggiamo nel  Libro della Sapienza - l'azione del giusto è un peso insostenibile per lo sguardo del peccatore. "3P", come amava farsi chiamare, ha saputo costruirsi questa valenza profetica attraverso pilastri senza tempo: questi sono la Fede viva e coltivata nella meditazione della Parola e nell'aggiornamento teologico, la preghiera personale e liturgica, la quotidiana celebrazione dell'Eucarestia, la frequenza del sacramento della Penitenza.

Tutto ciò nella dimensione di una vita poverissima: "La benzina è il mio pane", ci diceva. Il pane poteva mancare alla sua umile mensa, ma non il carburante per l'utilitaria, in modo da essere sempre pronto ad accorrere dove una telefonata o un presentimento rendeva necessaria la sua parola.

In questi articoli cercherò di rievocare chi era padre Pino, analizzando in particolar modo il suo metodo pedagogico, che ho potuto sperimentare in prima persona.
Al liceo Vittorio Emanuele II "3P" è stato l'insegnante di religione mio e della compagna di classe che ora è mia moglie. Ci ha accompagnato nel nostro cammino di fede e ha benedetto il nostro matrimonio. Quando è diventato parroco di Brancaccio, nell'ottobre del '90, l'abbiamo raggiunto e ci siamo impegnati con lui nel quartiere. Dalle vicende biografiche passerò al metodo e infine tenterò di delineare cosa stava facendo padre Puglisi a Brancaccio e il movente dell'omicidio.
Francesco Deliziosi
fdeliziosi@gds.it

(1-continua)

lunedì 18 agosto 2014

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI/4

PADRE PUGLISI, IL SUO METODO, LA PARROCCHIA E I GIOVANI/4

Materiali utili in particolare per le ricerche scolastiche


(quarta e ultima parte)


UN NUOVO MODELLO DI PRETE E DI PARROCCHIA
Detto tutto questo, possiamo adesso calarci nello specifico delle vicende che hanno portato all'omicidio Puglisi (per questa parte un contributo arriva anche dalle riflessioni di padre Cosimo Scordato pubblicate sulla rivista della Facoltà Teologica di Sicilia). E delineare alcune indicazioni che rappresentano un patrimonio prezioso per una "chiesa di frontiera" come quella siciliana (anche questa è una definizione del Papa).

C'è innanzitutto da analizzare il motivo dello scontro tra la mafia e don Puglisi.
Don Pino propone a Brancaccio un modello di prete che i boss non riconoscono, mentre si sono sempre mostrati pronti ad accettare e "rispettare" un sacerdote che sta in sacrestia, tutto casa e chiesa, promotore di processioni - magari al fianco dello "Zio Totò" di turno -, che "campa e fa campari".

Padre Puglisi sceglie invece di uscire dalla sacrestia e di vivere fino in fondo i problemi, i rischi, le speranze della sua gente. Desidera in quanto parroco, la liberazione e la promozione del suo popolo.
Don Puglisi propone inoltre un nuovo modello di parrocchia.
Tra le sue iniziative, ad esempio, c'era la richiesta di servizi e di una scuola media per Brancaccio.
Fu un continuo pungolo per le istituzioni. Da qui una serie di manifestazioni, di contatti con lo Stato, di proteste civili.
Tutto questo avviene alla luce del sole, lontano dall'altare, con gesti che per la loro visibilità non passano inosservati: sono scelte ben precise e compiute con la consapevolezza del loro effetto dirompente sugli equilibri mafiosi.
"Non dobbiamo tacere", diceva don Pino ai parrocchiani più timorosi nei giorni delle minacce, degli attentati che preludevano all'agguato.
E aggiungeva, citando San Paolo, "si Deus nobiscum, quis contra nos?" (se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?).
Sono scelte che lasciano intravedere l'immagine di una Chiesa che ha deciso di essere "debole con i deboli", di stare dalla parte degli ultimi, che crede nelle istituzioni, senza supplenze o logiche clientelari.
Senza supplenze perché la Chiesa non deve occupare spazi o compiti amministrativi che non le competono.
Senza logiche clientelari, ovvero senza prestarsi alle pressioni, alle richieste di raccomandazioni e di servitù al politico di turno (quando a Brancaccio arrivavano questi ultimi, don Pino li metteva alla porta insieme con i loro facsimili elettorali).
È questa di Padre Puglisi una chiesa, insomma, che si cala nella realtà del territorio e dei suoi bisogni: questo è il banco di prova di una testimonianza che vuole essere veramente evangelica.


E se la Chiesa, tutta la Chiesa, saprà fare propria questa lezione allora per davvero la figura del piccolo prete di Brancaccio, caduto sotto i colpi della violenza omicida, non porterà più su di sè i segni cruenti della sconfitta, ma le stimmate di una dignità feconda, carica della forza della risurrezione.
 Francesco Deliziosi(RIPRODUZIONE RISERVATA)