In questa recensione si individua il volume "Se ognuno fa qualcosa", appena pubblicato da Bur-Rizzoli, come una "traditio" degli scritti e delle parole di don Pino, un modo per ridare voce al sacerdote-martire e non disperdere il suo insegnamento.
Patrizia
Danzè
«Non
ho paura delle parole dei violenti ma dei silenzi degli onesti”
diceva don Pino Puglisi, il “prete che fece tremare la mafia con un
sorriso” e che di mafia morì, divenendo martire in quanto
testimone di speranza, la virtù teologale nella quale confidò per
tutta la sua esistenza. «Defunto, benché morto parla ancora», si
legge di Abele nella Lettera agli Ebrei, una frase che padre Puglisi
amava ripetere, forse presago di quanto sarebbe avvenuto. Vita,
insegnamento e martirio di don Puglisi hanno infatti già arricchito
una consistente letteratura, di cui il bel volume di Francesco
Deliziosi, palermitano e caporedattore centrale del “Giornale di
Sicilia” e soprattutto allievo e figlio spirituale di don Pino
Puglisi, è un’ ulteriore testimonianza.
“Don
Pino Puglisi. Se ognuno fa qualcosa si può fare molto” (Rizzoli)
non è un’agiografia, benché padre Puglisi sia stato dichiarato
beato dalla Chiesa e lo stesso Deliziosi abbia fatto parte della
commissione diocesana per l’istruzione della causa di
beatificazione e abbia collaborato col postulatore, monsignor
Vincenzo Bertolone, fino al riconoscimento del martirio da parte
della Chiesa. È invece, a venticinque anni dall’assassinio del
prete di Brancaccio per mano di Cosa Nostra, una “traditio”, una
“consegna” del magistero cristiano di don Puglisi a noi tutti e
in particolare ai giovani, che completa gli scritti di Deliziosi sul
religioso.
Nulla
come il silenzio degli onesti temeva don Puglisi, la cui parola
audace e “scandalosa” si levava limpida e ferma contro la cultura
del malaffare, con la «forza della mitezza e l’energia liberante e
risanante dell’Evangelo del Regno» (scrive Monsignor Corrado
Lorefice, arcivescovo di Palermo, nella prefazione). Dalla illegalità
e dalla violenza voleva salvare bambini e adolescenti, finché si era
ancora in tempo: 3P, il nomignolo con cui padre Puglisi era
conosciuto, credeva fermamente nella pastorale giovanile, esercitata
a Brancaccio, come prima a Godrano, un comune del Palermitano dove
era stato “confinato” nel 1970 dopo l’accusa d’essere un
“prete rosso”, e dove era riuscito a organizzare iniziative per i
bambini e “Settimane evangeliche” per le famiglie, per affrontare
il nodo più difficile: il perdono. Ne scaturì un’esperienza
fondamentale – scrive Deliziosi – per svellere le radici
dell’odio, assieme ad altri gesti simbolici e ad un modello di vita
con i quali l’allora giovane parroco si conquistò l’affetto
della comunità.
Sposo
di madonna Povertà, don Pino viveva una vita semplice, sobria,
frugale, alla quale si uniformò per condividere realmente con gli
ultimi, con i deboli, il pane e il vino, oltre che le parole giuste.
E se la casa popolare in cui viveva era spoglia, tuttavia i libri di
filosofia, di teologia, di sociologia la riempivano, perché la sua
“predicazione continua” (la stessa che provocò l’odium fidei
da parte dei boss di Brancaccio) si nutriva di quelle discipline,
come il libro di Deliziosi attesta, riportando i testi pronunciati da
don Puglisi, “maestro di preghiera” nelle sue omelie, nei suoi
incontri al Centro Padre Nostro da lui fondato a Brancaccio, nei
campi-scuola, nei convegni.
Povertà
personale per essere credibile e non solo credente (e scarpe bucate
ai piedi, insieme ad un logoro giubbino), ma ricchezza morale per
affrontare le vere sfide per la Chiesa ed esserne la coscienza
critica, combattendo collateralismi con i partiti, moralizzando feste
popolari e processioni, formando volontari, analizzando i bisogni del
territorio, denunciando il degrado, rendendo trasparenti i conti
della parrocchia, alimentando vocazioni. Il denso libro di Deliziosi
(molto belle le pagine documentarie dedicate alle letture dei Vangeli
di don Puglisi), restituisce tutto il suo spessore a questo alter
Christus, a questo prete “anti” ma esempio di fede e legalità,
ribelle e dolce, audace e mansueto, umile e colto, disincantato e
lucido, ma fiducioso nelle promesse di Dio tanto da amare i suoi
nemici, e da sorridere nel momento del sacrificio (come
testimonieranno i suoi killer, Grigoli e Spatuzza).
Gazzetta
del Sud 19 agosto 2018