domenica 12 marzo 2017

4 ANNI DI PAPA FRANCESCO E GLI ELOGI PER PADRE PUGLISI


Il 13 marzo 2017 si compiono 4 anni dall'elezione di Papa Francesco. Pubblichiamo due articoli: uno di bilancio del Pontificato e uno centrato sulle severe prese di posizione di Bergoglio sulla criminalità organizzata con il suo pensiero in memoria di padre Pino Puglisi. 






Il parroco del mondo. Potrebbe essere questa la cifra dei quattro anni di pontificato di Francesco che si compiono domani. Una definizione che abbraccia uno stile volutamente bonario, un linguaggio ricco di immagini semplici ma efficaci. E si allarga alla sua capacità di comunicare con la folla di tutti i continenti, iniziata tramite un saluto timido con la mano alzata, quella sera del 13 marzo 2013 in San Pietro: «Cari fratelli e sorelle, buonasera!».
Molti si sono lasciati ingannare da queste prime battute, dal suo parlare come se si fosse al desco domenicale in famiglia. Dalle scarpe grosse e nere, dal pollicione alzato. E continuano a sottovalutare la personalità del Pontefice. 
Ma oggi, quattro anni dopo, si può già fare un primo e ben diverso bilancio: quello che sembrava solo un buon parroco venuto «dalla fine del mondo», la lontana Argentina, è ben altro che un Pontefice di transizione in età già avanzata. Francesco ha saputo trasformare la Chiesa e stupire il mondo. Sceglie la semplicità quasi banale solo per comunicare al meglio con tutti, per farsi capire anche dai più umili. Ma sa essere abile timoniere nelle stanze della Curia, ha grande fiuto nelle nomine dei vescovi come in politica estera, schiva con saggezza le polemiche interne e alimenta il dialogo con i protestanti, gli ebrei e gli islamici (ai tempi dell'Isis). Incute rispetto ai Potenti e riforma le istituzioni finanziarie vaticane. Crea il disgelo Cuba-Usa. Punisce i preti pedofili con una severità mai vista finora. Firma il decreto di beatificazione di padre Pino Puglisi e caccia fuori i mafiosi dal tempio: «Siete scomunicati». In ultimo, ma non per importanza, sta finalmente dando piena attuazione al Concilio Vaticano II con la sua pastorale della «Chiesa in uscita» che va nel mondo armata solo della misericordia (il tema del  Giubileo).
Nel 2013 il suo nome sembrò quello di un outsider, mentre molti pronosticavano un italiano (Scola) che in realtà non riuscì neanche a coagulare i voti di tutti gli italiani. Eppure un dato di fatto doveva far riflettere: il nome di Bergoglio era stato nell'aprile 2005 contrapposto a quello di Ratzinger per la successione a Wojtyla. Aveva ottenuto un buon numero di voti, forte dell'appoggio di Martini, gesuita come lui. Poi si era ritirato in buon ordine e nel conclave aveva vinto la scelta della continuità con Giovanni Paolo II.

Otto anni dopo il Pontificato di Benedetto XVI si era però concluso in modo a dir poco sconvolgente con le storiche dimissioni. Mai del tutto chiarite e ancora oggi oggetto di polemiche. Un compito non facile aspettava i cardinali in un momento di crisi mai visto per la Chiesa (due Papi avrebbero dovuto imparare a convivere...). Si cambiò strada. Non occorreva più un fine teologo forse troppo fragile, ma un grande pastore abituato a stare tra la gente, in grado di far recuperare calore alla fede e fiducia a tutti i credenti, scossi dagli scandali. E tornò sulle labbra della maggioranza il nome di Bergoglio. Il resto è storia di questi giorni: nel nuovo secolo si avanza una Chiesa «ospedale da campo» per tutti i feriti del mondo. Pronta ad accogliere i migranti in fuga dalla terza guerra mondiale (una sua definizione) così come i divorziati che vogliono accostarsi alla comunione. Una Chiesa che non giudica i gay. Non a tutti sta piacendo, Francesco. Ma state certi che non per questo cambierà le sue idee.
Francesco Deliziosi
Giornale di Sicilia 12 marzo 2017
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L’anatema contro i mafiosi “scomunicati” proclamato in Calabria (21 giugno 2014) è stato il punto più alto di una serie di pronunciamenti di Papa Francesco iniziati subito dopo l'elezione e che costellano i suoi quattro anni di Pontificato. Parole che hanno preso spunto anche dalla figura di padre Pino Puglisi, di cui Bergoglio ha firmato il decreto di beatificazione (25 maggio 2013). Fino ad arrivare alla convinzione espressa numerose volte dal Papa:  la Chiesa ha il dovere di condannare la mafia, prendendo esempio da coloro che hanno sacrificato la propria vita per opporsi alla violenza dei boss.
L’intervento più famoso di Francesco su padre Puglisi è quello dopo l'Angelus di domenica 26 maggio 2013, il giorno successivo alla beatificazione al Foro Italico di Palermo. Ecco le sue parole:
“Cari fratelli e sorelle,
ieri, a Palermo, è stato proclamato Beato, Don Giuseppe Puglisi, Sacerdote e Martire, ucciso dalla mafia, nel 1993! Don Puglisi è stato un Sacerdote esemplare, dedito specialmente alla Pastorale Giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo, li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo, uccidendolo... In realtà, però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto! Io penso a tanti dolori di uomini e donne, anche di bambini, che sono sfruttati da tante mafie, che li sfruttano facendo fare loro un lavoro che li rende schiavi, con la prostituzione, con tante pressioni sociali... Dietro a questi sfruttamenti, dietro a queste schiavitù, ci sono mafie! Preghiamo il Signore, perché converta il cuore di queste persone! Non possono fare questo! Non possono fare di noi, fratelli, schiavi! Dobbiamo pregare il Signore! Preghiamo perché questi mafiosi, e queste mafiose, si convertano a Dio, e lodiamo Dio per la luminosa testimonianza di Don Giuseppe Puglisi, e facciamo tesoro del suo esempio!”.

E passiamo alla Giornata per le vittime della mafia del 21 marzo 2014. Come tutti ricorderanno, Papa Francesco è arrivato nella parrocchia romana di San Gregorio VII mano nella mano con l’organizzatore, don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che – in un incontro precedente – lo aveva invitato alla manifestazione. In chiesa, circa 900 familiari in rappresentanza delle oltre 15 mila persone che hanno perso un loro caro per mano della violenza mafiosa e tra loro anche familiari di padre Puglisi.
Ecco alcune frasi pronunciate da Bergoglio: «Non posso finire senza dire una parola ai grandi assenti di oggi, ma protagonisti: uomini e donne di mafia, per favore cambiate vita! Convertitevi, fermate di fare il male! Noi preghiamo per voi: convertitevi, ve lo chiedo in ginocchio, è per il vostro bene», ha ripetuto il Pontefice. «Questa vita che vivete - ha continuato con voce profonda Francesco - non vi darà felicità, gioia. Potere e denaro che avete adesso da tanti affari sporchi, dai crimini mafiosi sono denaro insanguinato, potere insanguinati, non potrai portarlo all’altra vita». Qualche secondo di pausa, poi Papa Bergoglio conclude il suo discorso: «Convertitevi. C’è tempo per non finire nell’inferno, che è quello che vi aspetta se non cambiate strada. Avete avuto un papà e una mamma, pensate a loro e convertitevi».
Con tutte queste premesse, è più semplice comprendere la forza dell’anatema pronunciato dal Papa il 21 giugno 2014 durante la visita alla diocesi di Cassano allo Ionio in Calabria:  la 'ndrangheta è "adorazione del male e disprezzo del bene comune", è un "male" che "va combattuto, va allontanato", anche dalla Chiesa che "deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere". Le parole chiare che chiedeva la gente ferita dalla criminalità in Calabria, Papa Francesco le pronuncia nel corso della messa celebrata a Sibari, ultima tappa del suo viaggio. E Bergoglio pronuncia a braccio (come fece Wojtyla ad Agrigento) anche la sentenza che tanti invocavano: gli uomini della 'ndrangheta, dice, "non sono in comunione con Dio, sono scomunicati".  Un'espressione che non era prevista nemmeno nell'integrazione del testo ufficiale, che era stata distribuita ai giornalisti poco prima che il Pontefice iniziasse a parlare e che già conteneva i passaggi più duri nei confronti dei mafiosi. Termini che, probabilmente, Francesco ha maturato nel corso della sua giornata calabrese. La diocesi guidata dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, infatti, era stata in pochi mesi lo scenario di due efferati delitti. Quello del piccolo Cocò Campolongo, il bimbo di 3 anni ucciso e bruciato insieme al nonno dalle cosche della ‘ndrangheta. E quello di padre Lazzaro Longobardi, ucciso dopo aver scoperto dei furti di denaro nella canonica. Il Papa, nel carcere di Castrovillari, ha incontrato sia i famigliari del piccolo Cocò, sia il giovane rumeno accusato dell’omicidio del sacerdote. 

“Quando non si adora il Signore – ha affermato Bergoglio nell’omelia pronunciata nella piana di Sibari – si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza e la vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male – ha scandito con forza il Papa – va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. La Chiesa, che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo domandano bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare”. Al termine della sua omelia il Papa ha invitato i fedeli presenti a “rinunciare agli idoli del denaro, della vanità, dell’orgoglio e del potere” e “al male in tutte le sue forme”. E ai giovani “che vogliono mettersi in gioco e creare possibilità lavorative per sé e per gli altri”, il Papa ha rivolto il monito finale: “Non lasciatevi rubare la speranza! Opponetevi al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello”.
F.D.
Giornale di Sicilia 12 marzo 2017



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