martedì 3 novembre 2015

DON LOREFICE: SE DITE CHE HO FATTO CARRIERA MI VOLETE MALE!

Don Corrado Lorefice (a sinistra) . A destra il vescovo di Noto Antonio Staglianò
"Se dite che sto facendo carriera, mi volete male!" Ecco l'omelia pronunciata da don Corrado Lorefice nella sua chiesa di San Pietro a Modica per il 1° novembre. Un modo per presentare il suo punto di vista: essere diventato arcivescovo di Palermo (si insedierà il 5 dicembre prossimo) per lui è un nuovo, gravoso servizio. E lui vuole essere il servo di tutti, soprattutto dei poveri e degli ultimi, ai quali - commentando le Beatitudini - dedica alcuni passaggi significativi dell'omelia. Non a caso don Corrado Lorefice ha voluto ricordare lo spirito di servizio del Beato Giuseppe Puglisi, esclamando subito dopo la sua nomina: "E' sua la colpa!"

Omelia di don Corrado Lorefice
1 novembre 2015 – san Pietro

Mi piacerebbe che oggi come allora lo sguardo del Signore Gesù si posasse su di noi.
«In quel tempo Gesù, vedendo le folle… ». Mi piacerebbe che il Signore Gesù, ancora una volta, anche per noi facesse questo tragitto: salire, perché tutti possiamo guardarlo, ascoltarlo. Ma mi piacerebbe anche che mentre in questa descrizione di Matteo le folle aprono gli orizzonti di tutti gli uomini e tutte le donne, quegli orizzonti ampi, grandi che sono tipici di Dio – e Gesù è così, guarda sempre in lontananza con ampi orizzonti –, mi piacerebbe però dicevo che il Signore ci annoverasse tra quelli che si mettono vicino. «Si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli». E poi che lui parlandoci travasasse tutto quello che porta dentro, quello che lui sa e conosce di Dio e quello che lui sa e conosce del mondo guardato con gli occhi di Dio.
E qui c’è tutta la bellezza che continuiamo a condividere e che continueremo a condividere: la bellezza di questi anni di cammino insieme. Trasformare cioè la domenica in giorno in cui, proprio perché diverso e non come tutti gli altri giorni, proprio perché è il giorno che interrompe la ferialità ed immette dentro la nostra vita la presenza di Dio e la apre all’eternità, a questi orizzonti ampi, mi piacerebbe farvi riscoprire il cammino che abbiamo fatto e che continueremo a fare, di domenica in domenica.
Veniamo qui perché Gesù ci faccia acquisire questa misura ampia; intanto e soprattutto perché immetta dentro di noi quello che lui sa di Dio e del mondo guardato con gli occhi di Dio.
E qui c’è tutta la nostra vita … Virginia, forse tu non te ne accorgi, ma io quando sono arrivato qui sette anni fa, tu eri una bambina ed ora sei una bella ragazza. E sei qui… un nome solo… potrei fare tutti gli altri nomi, soprattutto di quelli più ‘delinquenti’… Non facendo nomi, ad esempio Giovanni Licitra… tu sei qui e di domenica in domenica che cosa abbiamo fatto?
Mi piacerebbe utilizzare le parole di Giovanni Battista: chi siete venuti a vedere? Corrado Lorefice? Io so quanto mi amate e mi volete bene! Penso che sappiate quanto vi amo e vi voglio bene! ma non siete venuti a vedere Corrado Lorefice! Siccome mi volete bene e di questo sono certo, io insieme a voi, con voi, sono stato sempre uno che ha ascoltato di domenica in domenica il suo Signore. Io sono uno di quelli che insieme a voi ha appreso questa visione grande di Dio. Di domenica in domenica siamo di quelli che hanno avuto la grazia di sedere a mensa accanto al Signore, insieme. E noi da lui abbiamo sentito dire queste parole. Noi da lui abbiamo sentito chi è Dio e come Dio pensa il mondo e come pensa gli uomini nel mondo.
Pensate allora la grazia che il Signore ci fa in questa domenica, dandoci  la pagina delle beatitudini. Qui c’è la nostra vita e qui soprattutto c’è la grazia che ci viene data di contemplare Dio. Perché le beatitudini ci fanno contemplare Dio. Le beatitudini ci dicono Dio, ce lo rendono presente.Le beatitudini ci rendono presente lo spazio di Dio nella vita degli uomini. Le beatitudini ci rendono presente la logica di Dio, quella logica che il Signore vuole progressivamente seminare dentro di noi perché germogli e porti frutto.
Le beatitudini sono la nostra pagina, sono la nostra grazia, sono la nostra luce, sono la nostra forza, perché è qui, è qui che Dio ci vuole condurre ancora una volta attraverso il suo Figlio, che per grazia ci mette accanto a lui. Noi abbiamo bisogno di sentire i poveri, quelli che sono nel pianto, quelli che hanno fame e sete di giustizia, quelli che sono misericordiosi, quelli che sono puri, quelli che sono operatori di pace, quelli che sono perseguitati per la giustizia, quelli che vengono insultati a causa del vangelo.
Noi abbiamo bisogno di sentire che qui passa Dio e qui passa chi con cuore semplice ed umile accoglie Dio e il suo regno nella sua vita. Perché il regno di Dio ha qui il suo spazio, nelle nostre vite; ed attraverso le nostre vite il regno di Dio semmai fruttifica nel mondo e nella storia.
Ed è per questo che noi siamo attenti alla storia; perché è dentro la storia umana. E quando dico storia, dico le nostre vite quotidiane. E ve lo dico con tre esempi che da tre giorni mi perseguitano, per farvi capire che è dentro la vita, dentro la concreta esistenza che poi in fondo cogliamo realmente la presenza di Dio. Perché i poveri sono nella storia, quelli che sono nel pianto sono nella vita ordinaria, quotidiana. Non sono quelli che stanno in chiesa, non si dice nel testo: «beati quelli che sono in chiesa e piangono». Qui si parla della vita, quella vostra. Vi guardavo e mi permetto di dire che al 99% conosco le vostre vite, conosco quella che avete gioito e quello che avete sofferto. Vi guardo: conosco chi ho battezzato, conosco chi ho portato al matrimonio, conosco chi è stato sostenuto dalla mia parola e dalla mia carezza. Di questo si parla nella pagina del vangelo di oggi e ve lo dico con tre esempi che mi sono accaduti in questi ultimi giorni.
Venivo dall’incontro con il cardinale Romeo (che mi deve consegnare la sua sposa, che deve divenire la mia sposa: la chiesa di Palermo) e sono corso al funerale di mons. Scarso. Cappuccino, modicano, 99 anni. Mi ha colpito il fatto che il suo vescovo, il vescovo della diocesi di cui lui è stato vescovo per 50 anni a Patos de Mina e che ha lasciato da 25 anni, si è precipitato a Modica dal Brasile per stare accanto a quest’uomo semplice, zelante, umile. Questi sono segni di una condivisione. E quando ero lì davanti alla porta di san Giorgio accanto al feretro, pensavo ad Eliseo ed Elia: non ho osato dire i tre quarti, ma almeno un quarto dell’umiltà e dello zelo pastorale di questo uomo – un vescovo esce, un vescovo entra – passi della mia vita.
Ieri mattina con Patrizia e Francesca ci siamo ritrovati nel reparto di Rianimazione, a Modica, accanto a Célestin. Celestino, un ragazzo nigeriano di 22 anni che ieri è morto e a cui sono stati espiantati alcuni organi. Solo. È di quei tanti che vediamo fuggire dalla morte, dall’inferno. Lui, 22 anni, con una condizione di salute precarissima, ha sfidato il deserto, ha sfidato il mare, ha sfidato tutto. E ieri è morto lì. E io mi sono trovato lì, per grazia. E ringrazio Patrizia che gli è stata accanto, che me lo ha fatto conoscere, che mi ha fatto la grazia di essere accanto a lui e di portargli una carezza non solo mia, ma anche vostra e in particolare di un ‘medico senza frontiere’ che lo ha conosciuto. Gli avevo promesso: «Gli darò una carezza e sarà la tua carezza». E non stiamo facendo sentimentalismi. «Beati… ». Lì, lì passa Dio.
Un’altra cosa. Sto venendo dalla signora Santina. Che bello che ci possiamo chiamare per nome e cognome. Forse sono i suoi ultimi respiri. Ed è bello che ci siamo stretti lì con Antonello, Maria Grazia, Piero, con Paolo e con Chiara e con la zia. Lì dove c’è una sofferenza… E allora capite che qui, qui noi abbiamo la grazia di respirare il mondo con gli occhi di Dio e dobbiamo continuare a vedere il mondo con gli occhi di Dio. E Dio vuole trasformare ciascuno di noi in beati. Dio vuole la nostra beatitudine, la nostra pienezza di vita. Avete sentito:è quello che noi siamo, già siamo figli di Dio, ma quello che noi saremo noi non lo sappiamo ancora. Ma se siamo figli di Dio, immaginate che cosa saremo quando vedremo Dio faccia a faccia. Noi siamo fatti per essere beati, per rendere beati altri. Ognuno di noi deve essere in benedizione di altri, per la beatitudine e per la felicità di altri. E questa è la via. Questa è la via. Qui. Non perché dobbiamo diventare topi di sacrestia. Ricordatevelo, lo dico ai più giovani, anche se le prediche di don Corrado sono un po’ lunghe, anche se i canti non vi piacciono perché questi del coro la testa chissà dove ce l’hanno, anche se i vostri catechisti  a volte vi fanno arrabbiare… Ma qui voi avete una fonte da cui diventare veramente felici, perché qui il Signore ogni domenica sale sul monte, vi dice una parola vera, autentica, che vi indica la vera felicità, che vi mette accanto e che vi apre il cuore. E che cosa volete ancora di più dalla vita? Che volete?
E allora da qui si riparte. Perché questo noi lo vivremo lì dove il Signore ci pone.Pensate a chi è educatore, pensate a chi ha un posto di responsabilità. Lo voglio proclamare: aprite gli occhi e le orecchie. Questo che mi è accaduto. Non sto facendo carriera. Non è carriera questa. E se mi dite questo, allora voi mi volete male. Questa per me non è carriera, perché se faccio carriera, io ho vanificato il mio ministero a Modica, in seminario e lo vanificherò a Palermo.
Qui, qui don Corrado resta un figlio del popolo santo di Dio, a cui Dio ha chiesto di fare un servizio. Punto!Quale servizio? Il servizio del Vangelo. Per cui se volete capire qual è la carriera che sto facendo, oggi qui c’è il mio programma pastorale. Vedete che carriera che sto facendo… Questo è il mio programma pastorale. Per cui ringraziamo il Signore per questa sua parola, per questa strada che ci ha fatto fare e che ci fa fare ancora, seppure con altri ritmi. Ma questa sarà per noi realmente, un’esperienza di grazia che ci ha fatto incontrare il Signore. Noi non lo lasceremo più.


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