domenica 12 ottobre 2014

CASELLI: PADRE PUGLISI MAESTRO DI VITA CON LA VOGLIA DI GIUSTIZIA E DI STATO



di Giancarlo Caselli

“Vorrei iniziare con una questione che è stata molto dibattuta dopo la morte di padre Puglisi: era un prete antimafia? E’ vero, definirlo così è riduttivo perché l’antimafia del parroco di Brancaccio si è sempre tradotta in concreto attraverso la promozione umana e sociale. Facendo questo tipo di promozione, non si può non essere antimafia e facendo antimafia non si può non cercare la promozione umana. L’inscindibilità di questi due profili nel percorso di vita di padre Puglisi emerge dal libro di Francesco Deliziosi davvero a tutto tondo. Viene fuori l’attenzione di don Pino all’Uomo, con le sue sofferenze, attese, difficoltà. Viene fuori una grandissima, straordinaria, eccezionale passione di padre Puglisi per le persone, le più emarginate, calpestate nella loro dignità, quelle che non hanno voce e forse neanche speranza.


Pagine del libro estremamente significative sono poi quelle in cui si parla direttamente o indirettamente di coloro che con don Puglisi sono cresciuti, che da lui hanno imparato tutta una serie di valori estremamente importanti. Tra questi allievi, nell’ultimo segmento del suo percorso, ci sono i giovani di Brancaccio. E se in proposito volessimo fare riferimento a un’immagine evangelica per esprimere come questo rapporto emerge dal libro, forse potremmo azzardarci a ricordare i discepoli di Emmaus. Ci ricordano quei tratti di strada in comune percorsi a volte incalzati dalla sfiducia, a volte travagliati da mille difficoltà – nel momento apparentemente insormontabili – ma sempre con la voglia di contribuire a quei cambiamenti che spesso sono tanto sbandierati quanto disattesi.
Tratti di strada che a volte anche don Puglisi ha percorso con rabbia, pure in lui sempre contenuta, razionalizzata. E’ la rabbia contro le lungaggini, le burocrazie, i giochi di partito. E qui faccio riferimento anche a quei locali di Brancaccio, gli scantinati di via Hazon, che in qualche modo sono sempre destinati ad attività perverse e mai a quelle che don Pino voleva realizzare per il bene del quartiere.
Questa strada, percorsa con don Pino, ha consentito ai suoi discepoli di crescere e anche questo è il significato del libro. E per discepoli non intendo soltanto i suoi collaboratori più stretti ma tutti coloro che con lui cercavano di portare avanti le attività per i ragazzi che vivono in strada. Sono questi ragazzi che con la loro richiesta di aiuto rivelano il vero volto di Dio. Un Dio che attraverso il sacrificio di don Puglisi ci chiama a condividere il suo Amore e a ritrovare la speranza. Anche laddove apparentemente – ma solo apparentemente – c’è soltanto sconfitta e disperazione.
“Ex fructibus cognoscetis eos”: il cardinale Pappalardo ricorda nell’introduzione del libro questa frase di Gesù. E i frutti anche del sacrificio di don Puglisi cominciano a prodursi in tutta la collettività palermitana e oltre.
Un altro aspetto va sottolineato. Quello di don Puglisi era un impegno impastato con le coordinate della storia. La voglia di giustizia, di Stato, di legalità – oltre che di solidarietà e di garanzie per ogni cittadino – sono costantemente nelle testimonianze e nel percorso che il libro offre. L’impegno di don Puglisi, dei suoi collaboratori, dei ragazzi che cercava di far crescere è nella Città dell’Uomo, nello spazio e nel tempo che è dato a ciascuno. E per quanto riguarda il lavoro che io sono chiamato a svolgere quotidianamente, insieme con tanti altri magistrati, è fondamentale questa preoccupazione, questa sensibilità di don Puglisi per una scuola della legalità, per cercare di convincere tutti dell’importanza della legalità. E’ un insegnamento importantissimo credo per tutti e non solo per chi è “deformato” dalla professione che esercita come finisce per essere il sottoscritto.
Ci sono tre mali che affliggono la società di oggi. Il primo è la superficialità giudiziaria, nel senso di disattenzione burocratica alla verità nascosta da quelle che sono soltanto apparenze legali, disattenzione che non si sforza di andare oltre queste apparenze legali.
Il secondo male è l’inerzia amministrativa, che non permette la gestione dei diritti promessi dalle leggi. Infine c’è la corruzione politica di cui tanto si parla. Corruzione che produce leggi che sono solo promesse di diritti. Nel momento in cui il funzionamento di queste leggi è inceppato dalla corruzione si sa in partenza che questi diritti non potranno essere resi effettivi dalla struttura amministrativa.
Questi tre fenomeni combinati insieme ingenerano sfiducia nei cittadini verso lo Stato. E favoriscono i poteri paralleli che operano secondo etiche illegali e trasgressive e tendono a colmare i vuoti di potere della pubblica amministrazione. Con mali di questo genere si è dovuto scontrare don Puglisi nella sua ricerca di legalità. Vivendo a Brancaccio la sua esperienza di promozione religiosa e sociale ha combattuto, riempiendo le sue attività di contenuti solidissimi, concreti, sostanziali. E l’impegno antimafia è proprio questo sforzo quotidiano di opposizione ai poteri paralleli. Poteri che, come detto, si alimentano e conquistano spazi anche attraverso il mancato funzionamento della giustizia con la sua superficialità, dell’amministrazione con la sua inerzia e della politica nel momento in cui si viene a inceppare con la corruzione.
La morte di don Puglisi richiama a tutti noi e a me operatore in uno specifico settore dell’attività umana questi principi. Bene dice il cardinale Pappalardo nell’introduzione che questo volume non è in senso stretto una biografia ma una significativa raccolta di testimonianze. Ma la testimonianza più importante – ed è questo l’invito anche dell’arcivescovo – la dobbiamo offrire noi. Letto il libro, ricordato don Puglisi come in questi giorni, cerchiamo in qualche modo – ciascuno naturalmente nella consapevolezza dei suoi limiti – di ispirarci al suo esempio, al suo insegnamento, al suo coraggio.
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NOTA: VENTI ANNI DOPO

Il procuratore Giancarlo Caselli, don Cosimo Scordato, il cardinale Salvatore Pappalardo, il giornalista Francesco Deliziosi

Questo intervento dell’allora procuratore di Palermo Giancarlo Caselli è stato pronunciato il 12 ottobre 1994 nell’Aula magna della Facoltà Teologica di Palermo. L’occasione era la presentazione del volume di Francesco Deliziosi “3P – Padre Pino Puglisi” (edizioni Paoline, introduzione del card. Salvatore Pappalardo). Lo riproponiamo a venti anni esatti di distanza per la sua attualità ancora viva: la corruzione della politica, l’inerzia della burocrazia, lo scoraggiamento dei cittadini erano i mali con cui si trovò a confrontarsi padre Puglisi a Brancaccio. E il procuratore Caselli (che era a Palermo dal 15 gennaio 1993) lo sottolinea con forza. Ma sono i mali che anche oggi affliggono gli onesti. Per questo l’invito del magistrato a ispirarsi al coraggio di padre Puglisi ma anche alla sua voglia di Stato e di legalità è quanto mai attuale e fecondo. Anche oggi, 12 ottobre 2014

5 commenti:

  1. Grande Uomo e Grande Professionista il Dottor Caselli. Grande anche come Magistrato che ha onorato sempre e sino all'ultimo il Suo Giuramento e la Toga che ha indossato....
    Enzo Gallo
    Canicattì

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Francesco condivido in tempo reale!!! Grazie ancora per tutto quello che stai facendo per Don Pino e per tutti noi!!!...
    Carlo Del Bello

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  4. Parole altissime, degne di un magistrato e di un uomo a cui noi palermitani dobbiamo tanto. Ha colto e sintetizzato mirabilmente l'essenza dell'operato e della spiritualità di padre Puglisi. Grazie
    Lucia Comparato

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  5. Grazie Francesco!
    Fernando A.Sarli

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