venerdì 23 novembre 2018

SCORDATO: MISI IN GUARDIA PUGLISI POCHI GIORNI PRIMA DEL DELITTO

Da sinistra don Cosimo Scordato, Francesco Deliziosi, don Giovanni La Mendola e don Francesco Michele Stabile


"Cercai di metterlo in guardia, quel suo tentativo estremo di aprire un dialogo con i mafiosi di Brancaccio, pur con motivazioni nobili, rischiava di essere frainteso e interpretato dai boss come uno sconfinamento, come uno sgarbo. E purtroppo temo che sia stato proprio così visto che quel nostro ultimo colloquio avvenne a pochi giorni dall'omicidio". E' commosso il ricordo di don Cosimo Scordato sull'incontro finale con l'amico don Pino Puglisi poco prima del delitto avvenuto il 15 settembre del 1993. Il sacerdote e i suoi collaboratori durante l'anno avevano subito minacce e attentati. Il parroco di Brancaccio non si era scoraggiato e dall'altare più volte si era rivolto agli autori delle aggressioni dicendo: "Parliamone, incontriamoci, perché non volete che i vostri figli abbiano una scuola?". 
L'occasione per fare memoria del Beato, a 25 anni dalla morte, è stata la presentazione nella chiesa madre di Bagheria, giovedì 22 novembre, del libro "Se ognuno fa qualcosa si può fare molto" (Rizzoli) del giornalista Francesco Deliziosi che per la prima volta raccoglie scritti, omelie, lettere del sacerdote martire. 



"La mafia storicamente rispetta i sacerdoti - ha aggiunto don Scordato, rettore della chiesa di San Francesco Saverio all'Albergheria - ma solo finché si fanno i fatti loro, finché si limitano a compiere l'affiziu ru parrinu, cioè l'ufficio del prete, sacramenti e processioni, insomma. E infatti c'è chi potrebbe chiedersi perché don Pino si interessa invece della mancanza della scuola media nel quartiere, perché organizza incontri col comitato Intercondominiale per chiedere il rispetto dei diritti dei cittadini di Brancaccio. Ma è proprio il suo interesse per i problemi del territorio che ci dà la chiave di tutto. Pur essendosi formato nel periodo pre-conciliare, don Pino matura la sua spiritualità alla luce del Vaticano II e ne ricava quell'enorme spinta verso il territorio che lo contraddistingue. E' consapevole che non ci può essere evangelizzazione senza promozione umana".
Scordato ha poi elogiato il libro del giornalista Deliziosi, "scritto in uno stile scorrevole che opera su tre registri: quello biografico, quello delle fonti recuperate con ricerca minuziosa, e infine quello puntato a creare un mosaico unico che ci possa restituire il don Pino autentico". Obiettivi centrati, tanto che "in molte pagine sembra di risentire la sua voce, di riaverlo vivo tra di noi".
L'affollato incontro alla chiesa madre è stato aperto dal benvenuto del parroco don Giovanni La Mendola, ideatore dell'iniziativa, inserita all'interno della Settimana della Caritas a Bagheria. Anche il parroco ha conosciuto don Pino come suo insegnante e lo ha ricordato nella sua gioiosa normalità quotidiana. 

Don Francesco Michele Stabile, storico della Chiesa, ha ripercorso le scelte pastorali di don Pino: "Al clericalismo che ancora è diffuso dalle nostre parti contrapponeva il senso della comunità, l'ascolto del territorio, la collaborazione con i laici, la scelta del servizio e non del potere". Proprio in questa logica si inquadra la sua vita poverissima così come la sua visione ecclesiologica: "La sua era veramente una Chiesa povera e dei poveri. E don Pino intendeva la povertà in senso evangelico, non solo come necessità di aiutare i più deboli ma come scelta esplicita di lontananza dal potere. Per questo la sua evangelizzazione si incarnava costantemente nel territorio". Il sacerdote ha poi ricordato proprio come a questa concezione si ispiri l'assemblea diocesana "Chiesa e territorio" che si svolgerà a Palermo il 23 e 24 novembre. Per quanto riguarda il libro di Deliziosi, Stabile ha osservato "come dia un quadro completo e documentato di tutta la vita di don Pino", aggiungendo che alcune parti "sono così esaustive che andrebbero prelevate dal libro e pubblicate a parte come un manuale di pastorale giovanile".
Deliziosi ha alla fine preso la parola per ringraziare organizzatori e relatori. Ha tracciato poi attraverso vari aneddoti ed episodi sia gli anni del ginnasio (don Pino era il suo insegnante di religione) sia quelli successivi fino al periodo di Brancaccio che ha condiviso, insieme con la moglie, fino all'omicidio. Ha quindi delineato l'originale metodo educativo del sacerdote-martire, ricostruito nel volume. L'ultimo ricordo risale alla domenica precedente al delitto (che avvenne di mercoledì): don Pino gli faceva fretta per battezzare subito il primo figlio, come se avvertisse di non avere più tempo. 
Lo sguardo dell'autore si è infine allungato agli anni successivi. Ha avvertito che mancava, tra i tanti studi dedicati a padre Puglisi, un volume sui suoi scritti che, in una ottica di servizio, desse a tutti la possibilità "di scavare nella miniera d'oro della sua spiritualità e portare a casa qualche pepita". 









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