venerdì 16 giugno 2017

PORCARO E CARINI A GIUSEPPE GRAVIANO: NON INSULTARE PADRE PINO MA CONVERTITI

Giuseppe Graviano durante un processo


Le trascrizioni delle intercettazioni in carcere del boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, hanno riempito pagine di giornali. In particolare, alcuni passaggi riguardano l'omicidio di padre Pino Puglisi per cui Graviano (insieme col fratello Filippo) è stato condannato all'ergastolo come mandante. Il boss cerca di "mascariare" (imbrattare) la memoria del sacerdote-martire. Lo dipinge come "un litigioso" che diceva "parolacce" (sic), "che insultava le persone di Brancaccio" e da queste era mal sopportato. Non dice nulla, ovviamente, delle sue responsabilità per il delitto, sempre negate durante i tribunali. Agli insulti di Graviano rispondono con un comunicato congiunto Gregorio Porcaro - all'epoca viceparroco a Brancaccio e oggi referente siciliano di Libera - e Giuseppe Carini, uno dei giovani di Puglisi che oggi è testimone di giustizia: da Graviano arriva solo un cumulo di "bugie". I due lo invitano a convertirsi: accanto a sé troverà lo spirito di padre Puglisi ad accoglierlo. 




«Egregio signor Graviano, noi non la insulteremo (...) ma lei è un bugiardo perché non ha neanche il coraggio di ammettere di aver ordinato l’omicidio di padre Pino Puglisi». Hanno preso carta e penna Giuseppe Carini, testimone di giustizia e amico di 3P, e Gregorio Porcaro, viceparrocco di Puglisi e referente di Libera Sicilia, per rispondere alle esternazioni del boss Giuseppe Graviano, intercettato nel carcere di Ascoli Piceno, mentre parla anche del parroco di Brancaccio, che pagò con la vita la sua battaglia contro Cosa nostra,  il 15 settembre del 1993, e diventato beato proprio perché martire della mafia. E le parole che i due autori della missiva usano non sono altro che quelle che possono nascere dal cuore di chi segue da sempre la lezione di padre Puglisi.
 «Egregio signor Graviano - è così che Carini e Porcaro si rivolgono al boss stragista di Brancaccio - abbiamo letto dei suoi insulti nei confronti di don Pino Puglisi, barbaramente ucciso per la sua fedeltà a Cristo e all’Uomo, da un commando di killer in nome e per suo conto, quella tragica sera di ventiquattro anni fa. Don Puglisi non insultava, tanto meno offendeva nessuno. Amava la gente di Brancaccio - rimarcano i due - e il suo amore era fedelmente ricambiato. Noi non la insulteremo, non pronunceremo alcuna parola offensiva contro di lei, nessuna calunnia. Pregheremo, invece, per lei e la sua famiglia perché questo è ciò che abbiamo imparato da 3P: annunciare la parola del Padre Nostro anche e soprattutto, a coloro che ti odiano». Graviano, invece, con il parroco di Brancaccio non si era risparmiato: «Mi hanno raccontato che era un uomo litigioso - diceva il boss al suo compagno di detenzione, il camorrista Umberto Adinolfi - mi hanno raccontato che aveva problemi con tutti, che insultava le persone, che diceva parolacce e che durante le omelie accusava e offendeva... Iniziò a parlare contro di me, iniziò a fare manifestazioni...».
Carini e Porcaro proseguono nella loro lettera a Graviano: «Lei è un bugiardo, che non ha neanche il coraggio di ammettere di avere ordinato questo omicidio. Non speri, signor Graviano, nelle sue relazioni con politici, massoni deviati, di sfuggire alla condanna all’ergastolo inflittagli dai giudici. Lei, al pari del detenuto Totò Riina, resterà detenuto in carcere, ma tutti coloro che hanno amato e conosciuto padre Puglisi pregheranno affinché lei si converta a Dio e trovi il coraggio di collaborare pienamente con la magistratura». Un’ipotesi questa che, sempre per quanto emerge dalle intercettazioni depositate dalla Procura al processo sulla trattativa tra Stato e mafia, sembrerebbe alquanto improbabile: «Si possono attaccare al tram», dice Graviano quando con Adinolfi discute di coloro che sperano in un suo pentimento. E spiega pure che «non rimpiango una briciola del mio passato». Il boss, almeno da un certo momento, sapeva di essere registrato e ripeteva continuamente di essere innocente, di non aver mai fatto nulla di tutto ciò che invece i magistrati gli hanno contestato negli anni.
La lettera dei due amici di don Pino Puglisi si conclude così, con uno splendido augurio: «E - scrivono Carini e Porcaro - se durante le sue notti in cella dovesse sentirsi un uomo solo, sappia che lì accanto a lei troverà don Puglisi, pronto ad ascoltarla. Questo è quanto le dovevamo». 
Sandra Figliuolo
Giornale di Sicilia 17 giugno 2017

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