domenica 4 settembre 2016

QUANDO A PADRE PUGLISI DIVENTAVANO LE ORECCHIE ROSSE...




Migliaia di persone in strada a Palermo per la "Festa dell'onestà" il 3 settembre. Padre Puglisi rievocato per le sue capacità di maestro ma anche per scelte ben precise che gli facevano diventare le orecchie rosse...Scelte che ancora oggi sono una sfida per la Chiesa.




“Gli inchini delle processioni davanti alla casa del boss? Di recente, appena eletto presidente dei vescovi siciliani, in una conferenza stampa mons. Salvatore Gristina, arcivescovo di Catania, ha tenuto a sottolineare che è tempo di aprire gli occhi e dire basta. I parroci devono stare più attenti e i vescovi sorvegliare. Se è il caso, il percorso delle processioni va coordinato con le questure. Ebbene, appena arrivato a Brancaccio, agli inizi degli anni ‘90, padre Pino Puglisi cambiò il percorso della processione parrocchiale proprio per evitare soste davanti alla casa dei capimafia. Dopo più di 25 anni, ecco che la Chiesa siciliana raccoglie quella voce profetica e mette all’ordine del giorno una questione non più rinviabile”.

Da sinistra suor Fernanda Di Monte, Francesco Deliziosi, la prof. Maria Lo Presti e don Maurizio Francoforte

E’ uno dei passaggi più applauditi dell’intervento del giornalista Francesco Deliziosi alla “Festa dell’onestà” che si è tenuta il 3 settembre per l’intera giornata lungo il Cassaro a Palermo. Sul palco principale (montato sul piano della Cattedrale) dalle 18 si sono alternati Caterina Chinnici, che ha ricordato in modo toccante il padre Rocco, Deliziosi (in compagnia dell’attuale parroco di Brancaccio, don Maurizio Francoforte - l’incontro era moderato da suor Fernanda Di Monte) e infine Nando Dalla Chiesa figlio del generale ucciso dalla mafia, proprio il 3 settembre del 1982. Associazioni e gruppi di volontariato con i loro stand hanno riempito di vita corso Vittorio Emanuele II affollato da migliaia di persone (qui il programma completo  con l’elenco di eventi e partecipanti).

Francesco Deliziosi (allievo e amico del sacerdote e autore della biografia “Pino Puglisi-il prete che fece tremare la mafia con un sorriso”, Rizzoli) dal palco ha ripercorso il metodo pedagogico del sacerdote-martire che si può dividere in tre fasi: l’ascolto dei giovani, l’esperienza della vita comunitaria nei campi scuola estivi, la scelta vocazionale. Un maestro che accoglie e accompagna, che non ha mai la ricetta pronta, che stimola il giovane a trovare da solo la soluzione, con le proprie risorse. Un Don Bosco dei nostri giorni, con la passione per il riscatto sociale degli emarginati.
Il giornalista ha poi sottolineato che ovunque quei luoghi sono carichi della memoria di padre Puglisi: dal liceo Vittorio Emanuele II dove insegnò dal 1978 alla morte, ai locali di via Matteo Bonello che ospitavano il Centro diocesano vocazioni (che guidò per tutti gli anni ‘80), alla stessa Cattedrale dove riposano le sue spoglie e dove si tenne la camera ardente: “In migliaia – ha ricordato Deliziosi – siamo andati a trovarlo. La bara aperta era all’altare principale, una benda bianca nascondeva la ferita, ma lui era là col suo ultimo sorriso stampato ancora sul volto”.
Il giornalista ha fatto un paragone tra padre Puglisi che muore sorridendo ai suoi assassini (e il sorriso non scompare neanche dopo la morte) e i martiri dei primi secoli che morivano torturati o sbranati mentre cantavano lodi al Signore. I soldati dell’imperatore, quando recuperavano i poveri resti, trovavano i martiri sorridenti e lieti in volto. L’impressione che ciò provocava era la causa di conversioni a catena.

Il palco della Festa dell'onestà davanti alla Cattedrale. A destra il liceo Vittorio Emanuele II 

Ma Deliziosi ha poi voluto aggiungere: “Non ho voluto fare una agiografia. E – per evitare di trasformare il santo in un santino - a mio parere è giusto riflettere sulle cose concrete che padre Puglisi faceva a Brancaccio. In parole povere, quali furono le occasioni in cui gli divennero le orecchie rosse...”. Persona mite e umile, il sacerdote aveva questa reazione quando proprio rischiava di perdere la calma: “Oltre all’episodio profetico della processione che cambia percorso, ricordo – ha detto il giornalista - come mise alla porta il Comitato per le feste di San Gaetano che voleva spendere decine di milioni di lire per luminarie, fuochi d’artificio e show in piazza”. “Qui a Brancaccio la gente muore di fame – disse – non lo permetterò. E la religione non c’entra nulla con questo tipo di feste”.
Ancora orecchie rosse quando politici dell’epoca tentarono di fare della parrocchia una grancassa elettorale. “Con quale faccia vi presentate qui dopo quello che avete fatto al quartiere?”, disse loro una volta. E quando un candidato (eletto senatore e poi condannato per mafia) spediva in parrocchia i suoi fac-simili, padre Puglisi strappava la busta senza neanche aprirla.

Sorveglianza su processioni, funerali e confraternite, strada sbarrata per inchini e comitati delle feste, stop al collateralismo delle parrocchie con la politica, attenzione agli ultimi, ai poveri, ai più bisognosi: questa – ha concluso il giornalista - è la sfida che la Chiesa deve raccogliere per assorbire e fare propria la lezione di padre Pino Puglisi.

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