mercoledì 27 agosto 2014

PADRE PUGLISI MODELLO PER TUTTI I SACERDOTI


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Intervento di mons. Giò Tavilla, direttore della rivista diocesana di Messina La Scintilla per la presentazione del libro di Francesco Deliziosi: Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso (libreria Paoline, Messina 6 marzo 2014, in collaborazione con la Fondazione antiusura Padre Pino Puglisi che da 20 anni opera nella Città dello Stretto)

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Sono contento di essere qui questa sera per presentare il libro “Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso” di Francesco Deliziosi, che saluto e ringrazio per il dono di questa sua opera, certo di interpretare i sentimenti di tutti.
Non nascondo la mia emozione come uomo, come siciliano affezionato a questa nostra meravigliosa Isola, come sacerdote che cerca di crescere alla luce di modelli radiosi che sconvolgono sicurezze e schemi acquisiti per essere sempre più trasparenza della grande luce che è Cristo Gesù.
Saluto e ringrazio la prof.ssa Pina D’Alatri e le Suore Paoline, soprattutto per la fiducia accordatami nel chiamarmi a presentare questo volume così ricco di suggestioni. Saluto con fraternità sacerdotale mons. Nino Caminiti… p. Nino presidente dell’associazione antiusura P. Pino Puglisi.
Per non sottrarre tempo alla parola che l’autore vorrà rivolgerci, cerco di compendiare quei riferimenti che ho ritenuto utili per la presentazione di questo libro, ma soprattutto cercherò – seppur con difficoltà – a dare eco alle emozioni suscitate da queste pagine, da dove emerge la statura umana e spirituale di don Pino Puglisi… ma forse sarebbe bene già calarsi nel vissuto concreto raccontato dalle vive e, in molti passaggi, vibranti pagine di questo libro. E allora mi piace pensare ad un cammino da percorrere insieme a 3P. Perdonatemi se mi soffermo su un dato personale, che ritengo attinente. L’estate scorsa, da parroco insieme ai miei catechisti dei giovani, abbiamo organizzato come ogni anno il campo-scuola e in quell’occasione abbiamo pensato di mostrare ai giovani alcune figure di santità ricche di umanità, affinché si sentissero scossi dalla loro testimonianza per abbracciare alti ideali e iniziare a scoprire il progetto di Dio su di loro. Ebbene, penso subito a p. Puglisi. Allora mi documento, cerco su internet e trovo stralci di un testo che mi appassiona… oggi è questo stesso testo che inaspettatamente viene messo tra le mie mani, affinché – accogliendolo nel cuore – possa presentarlo a tutti voi. Questo mi emoziona ancor di più!

Leggere il libro di Francesco Deliziosi appassiona. In esso trovate un continuo incrociarsi di fatti che conducono alla testimonianza dello stesso 3P, rilette alla luce del vissuto di coloro che lo hanno conosciuto, con lui hanno creduto, nella tenerezza del suo tratto umano e del suo sorriso hanno riposto fiducia, nella forza dei suoi ideali e del suo essere sacerdote di Cristo hanno ripetuto il loro “eccomi”! C’è un elemento che crea subito un impatto che scuote la coscienza e il cuore: l’autore non segue un percorso narrativo classico iniziando a raccontare l’infanzia di colui che oggi è Beato, ma ci mette subito di fronte al momento che compendia tutta la sua vita – la sua uccisione – come focus da tenere presente ed acquisire come chiave di lettura per tutto il libro. Infine, attraverso testimonianze dense di quotidianità – quella vita ordinaria fatta di gioie e speranze, ma anche di paure e fragilità, fede in Dio e nell’uomo, ma pure scoraggiamento umano – ci presenta la personalità di 3P, attingendo anche ai suoi scritti, la levatura del suo sacerdozio speso senza riserve, là dove l’obbedienza lo ha condotto (in genere erano i posti che nessuno voleva!), la capacità comunicativa di dialogare con tutti, compresa la mafia.
Ci sono altri due elementi che desidero portare all’attenzione di tutti voi. Chi si accosterà a queste pagine non può non sentire forte il cuore del profeta che vive in 3P. Potremmo rileggere appunti personali o eventi da lui vissuti o situazioni da lui affrontate con metodi che – pur essendo negli anni ’70, ’80 e ’90 – oggi sono richiamati dalla pastorale dei nostri giorni e nientemeno dalle intuizioni del Santo Padre Francesco. Pensate per un istante al forte richiamo alle periferie geografiche ed esistenziali. Utile sarebbe fare il parallelismo con i luoghi del ministero di 3P (a scuola come insegnante di religione, al Roosevelt, a Godrano e a Brancaccio) e le periferie dove entrare e portare speranza, atteggiamenti richiesti anche dal piano pastorale consegnatoci dal nostro arcivescovo. Infatti, obiettivo di 3P era non convertirci, ma starci accanto, come citato da una testimonianza contenuta nel libro. Ascoltate per esempio questa affermazione: non vogliamo preti a mezzo servizio, funzionari, burocrati. Vogliamo un testimone delle realtà soprannaturali, chi l’ha pronunciata? Tanti diremmo Papa Francesco, invece fu 3P alla fine degli anni ’60, a cui fa eco quanto descritto a pag. 91: uno dei suoi poster preferiti era un orologio senza lancette con la scritta: Per Cristo a tempo pieno. E cosa dire di quella che oggi chiamiamo pastorale integrata… sembra forse una “scoperta” o intuizione dei nostri giorni, invece no. Altro elemento, che vede l’impegno dell’autore negli ultimi capitoli, è ciò che è scaturito dopo l’uccisione di 3P con i processi alla mafia, con i pentiti e le loro testimonianze ed in particolare penso a Salvatore Grigoli “perseguitato” dal sorriso di don Pino mentre lo assassinava. È la logica del chicco di grano che porta frutto pieno solo dopo che marcisce nel terreno. Ai processi di mafia si affiancano i traguardi ottenuti: la realizzazione del centro Padre Nostro e l’estinzione del mutuo, l’inaugurazione nel 2000 della scuola media a Brancaccio (per cui tanto 3P si adoperò per il riscatto sociale del quartiere, per restituire dignità ai bambini e dare una cultura che contribuisse a toglierli dalla strada e dalla manovalanza mafiosa), scuola intitolata a lui, gli scantinati di via Hazon 18 – terra di nessuno e luogo di illegalità in mano alla mafia locale – bonificati nel 2005 e il paradosso annunciato recentemente, nel 2013 con l’utilizzo del terreno che 3P voleva per realizzare la nuova chiesa del quartiere e su cui sorgerà una nuova chiesa intitolata a don Puglisi. Ma la mafia continua ad esserci e, citando il nostro autore che riporta le parole del magistrato Giuseppe Di Lello: non è ancora detto che si vinca ma, forse per la prima volta, non è ancora detto che si perda. In ultimo, le pagine relative al processo di beatificazione iniziato nella sua fase diocesana nel 1999, concluso a Palermo nel 2001 e quindi trasferito a Roma per arrivare al decreto di beatificazione per martirio in odium fidei nel 2012 e alla beatificazione il 25 maggio 2013. Opportune e chiare le pagine che Francesco Deliziosi dedica alla spiegazione della motivazione del martirio e del concetto di odium fidei, togliendo strutture concettuali sovrapposte a 3P, che lo ritengono erroneamente un prete antimafia, contraddicendo ciò che lui affermava di se stesso: non sono un prete anti, ma per… per l’uomo, per costruire qualcosa.

Aveva grandi orecchie, grandi mani, grandi piedi. Dava appuntamenti e arrivava puntualmente in ritardo. Prima di lui arrivava il suo sorriso. Sapeva ridere dei propri difetti, austero, povero (senza conto in banca, mangiava scatolette di tonno e dentro le stesse scatolette, ma era sommerso dai libri), buono ma non debole. Fu un prete di strada che andava a trovare le sue pecorelle nei vicoli e nei tuguri. La sua vera ispirazione scaturiva dalla Parola di Dio – si leggerà nelle pagine del libro del suo stile del panino e del Vangelo – dalla carità e dall’amore per il prossimo. Coerente con la sua umanità e con il suo credo, volle essere per tutti segno di una Chiesa vicina agli ultimi. Scriveva nei suoi appunti: Cristo ha parlato più volte di vita quotidiana che di vita eterna, semmai di vita quotidiana in prospettiva di vita eterna.
Uomo di dialogo e di ascolto: occorre capacità di dialogo con la realtà, gli altri, se stessi, l’assoluto, scrive nei suoi appunti. Anche agli atei e anticlericali, che raggiungeva nei luoghi da loro frequentati per stare con loro, diceva: siamo in un viale, c’è una parte che possiamo percorrere insieme, tu comunista e io cristiano. Guardiamo ciò che ci unisce: l’esigenza di giustizia, di riscatto, di rinnovamento sociale. E rivolto ai mafiosi di Brancaccio, dopo i tanti atti intimidatori contro di lui, contro i suoi collaboratori, contro la ditta che ristrutturava la chiesa di S. Gaetano: sono qui, sono disposto a parlare. Voi avete vissuto da piccoli in questa chiesa e quindi anche voi siete figli di questa chiesa. a questo punto vi aspetto e ne parliamo.
Tra i preti si definì il più altolocato della diocesi, quando fu inviato a Godrano (là dove i ragazzi non avevano mai visto il mare) a 750 metri sul livello del mare, comunità accecata dalla nebbia del rancore con la chiesa parrocchiale vuota, mentre quella dei protestanti era affollata. Lì confidò a un suo collaboratore: la mia vocazione è in crisi. Non so più fare il prete, non ce la faccio più a fare il prete. Le famiglie non vogliono saperne di venire in chiesa. Quindi, rivolto al giovane collaboratore che gli diceva di puntare sui bambini e sui giovani, 3P disse: Sì, e tu mi aiuterai. Non dobbiamo parlare di religione, tu devi solo testimoniare. Sacerdote fedele che non conosce mezze misure. Così si leggeva nell’immaginette che teneva nella sua auto usata: il compito più grande e che merita qualunque sacrificio è quello di edificare l’uomo.
Non ho paura di morire, se quel che dico è la verità, afferma dialogando con sr. Carolina, sua collaboratrice al centro Padre Nostro. Arriva il momento della sua morte: 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno. L’autore lo racconta nel primo capitolo, commuovendo profondamente il cuore di chi legge, soffermandosi sul sorriso impresso sul viso di 3P, che richiama alla memoria citando le parole di Salvatore Grigoli (p. 255), riprende in due vibranti pagine (pp. 275-276) che raccontano la testimonianza di Giuseppe Carini giovane di Brancaccio, testimone di un omicidio, e lo affida come consegna a ciascuno di noi, al termine dell’ultimo capitolo, scrivendo: un sorriso che fece tremare la mafia e chi ci ha donato una nuova speranza. La motivazione della sua morte è individuata nella causa di beatificazione nell’odium fidei. P. Puglisi muore perché ha fatto il sacerdote sul serio, non perché prete antimafia, ma perché ha esercitato il suo ministero predicando la buona novella, annunciava e proclamava il Padre Nostro, educando i bambini al bene, parlando di perdono e di conversione, predicando la sacralità della vita umana. Come disse il card. Salvatore Pappalardo nell’omelia per il funerale di 3P: "è morto per aver avuto fame e sete di giustizia divina e umana. Niente lo ha fermato… niente e nessuno ha potuto impedire il suo grande amore per Dio che diventava solidarietà per quanti hanno bisogno di essere aiutati nel corpo e nello spirito".

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